CENNI STORICI

Si ritiene che la pianura ai piedi delle Alpi fosse abitata da popolazioni costituite in maggioranza da montanari, da gente scesa dalle cime, venuta dalle alture. L’aggettivo Taurinus parrebbe, infatti, scaturire da un riferimento a popolazioni di altura, prossime a Montanus. Sembra dunque che il termine Taurino, riferito a tali genti, sia per volere indicare montanari, e che il toro, animale emblematico di forza, tenacia e combattività, non sia legato a tale definizione.

Gli storici sembrano concordare sull’appartenenza dei Taurini al grande ceppo celtico e, pure, all’antica stirpe dei Liguri, da collocarsi a sud del Po, ma spintasi anche a nord del fiume. La coabitazione tra i due gruppi etnici diede origine a numerosi villaggi, tra cui il centro di Taurasia (la futura Torino), da collocarsi dove la Dora si getta nel Po.

La seconda guerra Punica vide protagonista il generale e uomo politico cartaginese Annibale (247 a.C. – Bitinia 183 a. C.), che al comando del suo esercito, affiancato da imponenti elefanti, valicò le Alpi distruggendo e saccheggiando i villaggi della regione subalpina, nella sua impetuosa avanzata verso la conquista di Roma.

Dopo circa un secolo e mezzo dopo il passaggio di Annibale, l’antica Taurasia divenne sede di una colonia Romana, fondata da Ottaviano (il futuro imperatore Cesare Augusto) dopo la battaglia di Azio, e ribattezzata con il nome di Augusta Taurinorum.

Durante il periodo romano, Augusta Taurinorum divenne un centro importante per le comunicazioni con la Gallia, e dopo alterne vicende nel corso delle invasioni barbariche, cadde in potere degli invasori Longobardi nel 570 e da questi fu quasi subito eretta in ducato.

Il primo duca di Torino, storicamente accettato dagli storici, fu Agilulfo nell’anno 589, che divenne re dei Longobardi nel 591. Dopo di lui si succedettero il potere ducale, prima della salita al trono, Arioaldo nel 590 circa, Garibaldo nel 660 e Raginperto nel 671, il che conferma l’importanza politica e militare del ducato della città subalpina.

Con l’avvento della dominazione carolingia la città divenne capoluogo di una vasta contea che si estendeva fino alle pendici del Gran Paradiso e del Moncenisio ed era limitata dal confinante comitato di Ivrea. Quest’ultimo, divenuto marchesato nell’ 888, incorporò la contea torinese dall’ 892 fino alla metà del X secolo.

Il marchese d’Ivrea Berengario, poi Berengario II, re d’Italia, per sua volontà comprese i territori della contea di Torino in una nuova marca(*), che si chiamò appunto di Torino, centro più importante, e giunse nell’anno 1014 a comprendere la stessa marca d’Ivrea.

Con la disgregazione della marca, la città si resse con propri ordinamenti comunali, ma contro la sua indipendenza si prospettò una duplice minaccia: da un lato l’impero germanico e dall’altro le mire del casato sabaudo, che si reputava erede dei diritti dell’antica marca e rivendicava su di esso la proprietà dei territori.

I Torinesi tentarono di contrapporsi ad entrambi, ma non poterono evitare nel 1130 che Amedeo III, detto il Crociato, si impadronisse della città. Torino tuttavia, nel 1136, riuscì con l’appoggio di Lotario II di Supplimburgo, ad estromettere il conte sabaudo e ad avere riconosciuti e confermati i propri statuti comunali.

Nel 1155, Federico I, imperatore germanico, più noto come Barbarossa (1123 circa – 1190), giunse a Torino con l’intento di rafforzare l’impero con tutta la sua potenza e sacralità, e nel 1159, riconobbe l’autorità all’allora vescovo della città Carlo, che si trovò, di fatto, padrone di Torino e dei territori circostanti.

Con la morte di Federico Barbarossa nel 1190 e le lotte per la successione alla testa dell’impero, il casato sabaudo, con il marchese Tommaso I, accentuò i tentativi di conquista della città, e dopo varie e alterne vicende (spartizione dei domini sabaudi operata da Amedeo IV nel 1233 e l’assegnazione del Piemonte al fratello Tommaso II, figlio di Tommaso I; conquista di Torino da parte di Carlo I d’Angiò nel 1270 e di Guglielmo VII di Lungaspada, marchese del Monferrato, nel 1276), riuscì con Tommaso III ad impadronirsi definitivamente della città nel 1280.

Torino divenne così possesso di un ramo collaterale dei Savoia, quello del Piemonte, poi di Savoia-Acaia e soltanto nel 1418 con la riunificazione di tutti i territori sabaudi attuata da Amedeo VIII, detto il Pacifico, passò al ramo principale, divenendo quasi subito la sede amministrativa dei domini subalpini del ducato, nonché il capoluogo dei suoi affari politici e diplomatici.

Nel 1459 vi fu stabilito il supremo consiglio di giustizia divenendo in pratica da quel momento la capitale dello stato sabaudo.

Nella primavera dell’anno 1536, nel corso del conflitto franco-absburgico, la città fu occupata dai francesi di Francesco I che la tennero fino al 1562, quando dopo il trattato di Cateau-Cambrésis (1559), poté essere ripresa dal duca Emanuele Filiberto.

L’occupazione francese durò circa venticinque anni, e per Torino fu un lungo inverno. Gli occupanti distrussero le fortificazioni della città, la chiesa di San Cristoforo degli Umiliati sede degli Agostiniani, e rasero al suolo l’anfiteatro romano. Il nuovo governatore francese di Torino, Martino Du Bellay, ordinò di cancellare del tutto le insegne sabaude, modificare le istituzioni, sostituirle con il modello francese.

Dopo il periodo di occupazione francese, il duca Emanuele Filiberto si preoccupò di riorganizzare lo stato sabaudo nell’unità e nella forza, abbellendo la città con numerosi monumenti e palazzi, costruendo la Cittadella, sistema fortificato tale da scoraggiare ogni eventuale invasore.

Cresciuta di popolazione, la città sabauda subì due terribili assedi. Il primo fu nel 1640 per opera dei francesi intervenuti per sostenere i diritti alla reggenza di Cristina di Francia (nota come Madama Reale) per il figlio minore Francesco Giacinto (morto il 4 ottobre 1638) e poi per l’altro figlio Carlo Emanuele II, diritti che le erano contestati dai cognati Maurizio e Tommaso Francesco, principe di Carignano, entrambi sostenuti dalla Spagna.

Le truppe francesi, accorse in aiuto di Madama Reale, espugnarono la città e costrinsero alla fuga il principe di Carignano (che si era arroccato nella città), cedendo il potere alla reggente.

Il secondo assedio avvenne nel 1706 ancora per opera dei francesi, durante la guerra di Successione spagnola. Il duca sabaudo Vittorio Amedeo II, soprattutto con l’appoggio del principe Eugenio di Savoia, al servizio di Leopoldo I, riuscì a porre fine all’assedio francese, grazie anche al sacrificio del minatore Pietro Micca.

Sette anni più tardi il ducato sabaudo raccolse i frutti della vittoria sui francesi: ad Utrecht, ottenne i domini del versante italiano delle Alpi ed il regno di Sicilia, che nel 1718 gli fu sottratto in cambio della Sardegna (trattato di Cockpit [Londra]), divenendo così Torino capitale del regno di Sardegna.

Dopo lo scoppio della Rivoluzione francese, la città, nel 1798, subì nuovamente un’invasione di truppe francesi successivamente scacciate nel 1799 dall’esercito Austro-Russo al comando del generale russo Alessandro Vassilievic Suvarov.

Appena un anno più tardi, nel 1800, Napoleone Bonaparte vittorioso a Marengo, raggiunse Torino e vi istituì una commissione provvisoria di governo e annettendo, con decreto, il Piemonte e la città alla Francia.

Terminato il periodo napoleonico, il congresso di Vienna restituì la città ai Savoia, e dal quel momento Torino si avviò ad una crescente importanza come centro dei comuni interessi nazionali in vista dell’unificazione dello stato italiano.

Il periodo risorgimentale, vide come protagonisti piemontesi l’uomo politico e conte Camillo Benso di Cavour (Torino 1810 – 1861) e il futuro primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II (Torino 1820 – Roma 1878).

Cavour, abile diplomatico, riuscì ad intessere un’alleanza con Napoleone III, imperatore dei francesi, per un intervento congiunto, in caso di guerra, contro gli austriaci.

Nel 1859 il governo di Vienna inviò un ultimatum che intimava Torino al disarmo, e la città rispose con la dichiarazione di guerra. Il re Vittorio Emanuele II, con l’appoggio dell’alleato francese, partì immediatamente per il fronte, ed entrò vittorioso a Milano, liberandola dall’oppressione austriaca.

Il cammino verso l’unificazione italiana era ormai tracciato, ed il 26 febbraio 1861, la Camera dei Deputati, con sede a Palazzo Carignano, proclamò la nascita del regno d’Italia.

Torino fu capitale d’Italia dal 1861 al 1865, quando questa fu trasferita prima a Firenze e successivamente a Roma. La città subalpina, con la perdita del ruolo di capitale, vide diminuire la propria importanza politica e segnò un periodo di crisi profonda, con una diminuzione provvisoria della sua popolazione di circa 30.000 persone.

Proprio per evitare la decadenza che poteva derivarle dalla perdita delle sue funzioni di capitale d’Italia, che la città, che già possedeva piccole distillerie, filande, tessiture, officine, fonderie, cominciò a sviluppare la sua funzione di grande centro industriale. E’ del 1899, a Palazzo Bricherasio, la stesura dell’atto di fondazione della FIAT, Fabbrica Italiana Automobili Torino. La città si apprestava a divenire “capitale dell’automobile”.

Nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale, e per Torino fu un periodo drammatico, dovuto anche al fatto che cominciò a scarseggiare il pane e ciò fu causa di scioperi, manifestazioni, disordini che sfociarono in scontri di piazza, con morti e feriti. A tali circostanze si aggiunse la grave epidemia influenzale denominata “spagnola” che seminò parecchie vittime. Anche la guerra finì, nel 1918, e l’Italia ne uscì vittoriosa, ma le manifestazioni erano lungi dall’estinguersi.

I combattenti tornavano dal fronte e, per la maggior parte stentavano a reinserirsi nella vita quotidiana. Il malcontento serpeggiava e ne traevano spunto elementi sovversivi che riuscivano ad agitare la piazza.

Nel 1922 i fascisti presero il potere, e l’anno successivo diedero iniziò all’attività della milizia, appoggiata anche dal clima di confusione e insofferenza che predominava in città. Nello stesso anno, Benito Mussolini (1883 – 1945), capo del partito fascista, visitò Torino fermandosi due giorni e si recò anche alla FIAT.

Il 10 giugno 1940 l’Italia si tuffò nel secondo conflitto mondiale, ed il 12 giugno subì il primo bombardamento aereo a cui ne seguirono altri, con centinaia di morti e case distrutte. Un’angoscia che sarebbe durata fino alla primavera del 1945 tra bombardamenti, uccisioni di fascisti e di antifascisti, azioni di combattimenti partigiani, rappresaglie, fucilazioni, impiccagioni. Gli anni più foschi furono quelli dell’occupazione germanica.

Gli anni del dopoguerra videro il fervore della ricostruzione, come il nuovo palazzo di Torino-Esposizioni e l’Università di Via Po. Il 3 novembre del 1960 fu inaugurato il Museo dell’Automobile in Corso Unità d’Italia.

La città, a partire dagli anni cinquanta fino ai settanta, vede crescere il numero degli immigrati, in gran parte dovuto ad una massiccia immigrazione di manodopera industriale richiamata dall’espansione dell’industria automobilistica e proveniente soprattutto dalle regioni meridionali d’Italia (nel 1961 si contavano 1.023.000 abitanti contro i 717.400 del 1951).

Negli anni ottanta-novanta, la crisi che colpisce soprattutto l’industria automobilistica Fiat, pilastro dell’economia della città, e che si propagherà a tutto l’indotto, nonché i vari processi di ristrutturazione in atto in diversi altri settori industriali (meccanici ed elettronici), produrranno gravi ripercussioni sul livello occupazionale.

Oggi Torino è una città che tenta di superare il periodo di crisi che l’ha coinvolta e di puntare sul rilancio industriale e anche turistico, da quando nel 1999 è stata designata quale sede per i Giochi Olimpici Invernali del 2006. Dal 2001 sono anche in corso i lavori per la costruzione di nuove opere e per la metropolitana, che collegherà il centro urbano con la periferia della città.